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giovedì 11 maggio 2023

THE FRENCH DISPATCH OF THE LIBERTY, KANSAS EVENING SUN (2021)DI WES ANDERSON - STORIE DI UN GIORNALISMO ORMAI PERDUTO

The French Dispatch (titolo completo The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun presentato al festival di Cannes 2021 da Wes Anderson rappresenta un atto d’amore verso la Francia e la sua cultura della comunicazione. E’ispirato alla storica rivista New Yorker e alla sua influenza sul regista che oggi riesce a raccontarne i tratti più significativi e a trasporli in immagine. Il film si articola in diversi capitoli che narrano aspetti centrali della cultura francese contemporanea rielaborati in chiave quasi grottesca: dalla cucina vista come strumento di rivolta settantasettina fino alla rivisitazione dei manifesti studenteschi da parte di anziane giornaliste desiderose di tornare ai fasti della propria giovinezza.  

Questa struttura narrativa conserva un dialogo interno tra i capitoli definendone uno dei principali pregi in quanto pone al centro un aspetto considerato secondario: il The French Dispatch è l’inserto culturale del Liberty, Kansas Evening Sun a cui un giornale americano  decise di affidare un paese europeo come la Francia.

Parto da questo elemento apparentemente secondario perché pone al centro della discussione l’assenza di elementi culturali tipicamente statunitensi importati da diverse società europee … quasi  una velata critica all’assenza di una cultura propriamente americana, ipotesi che, se confermata, non solo denoterebbe una scarsa conoscenza di Anderson delle sottoculture tipicamente americane (sia cinematografiche che musicali) ma anche una critica non troppo velata al mito del giornalismo americano (a differenza di opere che invece lo esaltano come The Post - Steven Spielberg, 2017). La cultura francese emerge a livello tematico attraverso la forte influenza del cinema del Jean-Luc Godard sessantottino con opere come La cinese (1967) o Una storia americana (1966) e, in generale, dal lavoro del Gruppo Dziga Vertov.

 


Nonostante le influenze siano di altissimo livello la sensazione che lascia un film come French Dispatch è quella di un film autoreferenziale, come se Anderson abbia voluto raccontare non la storia di un importante giornale ma la sua storia personale attraverso l’influenza di questa rivista.

Se analizziamo il film da un punto di vista formale vediamo un’opera di grande impatto visivo: la costruzione dell’immagine è stratificata sia attraverso numerosi livelli di profondità di campo che di un’estetica vintage capace di richiamare gli anni narrati e le rispettive influenze cinematografiche citate in precedenza. Quindi un’opera visivamente complessa ma, al tempo stesso, accessibile al grande pubblico. Un ulteriore peculiarità di The French Dispatch, come accennato in precedenza, è il registro leggero della narrazione che arriva a sfiorare il grottesco, come se Wes Anderson, nella sua  personale ricerca desiderasse superare non solo la celebrazione del giornalismo americano ma anche il cinema sul giornalismo d’inchiesta (come Il caso Spotlight - Tom McCarthy, 2016 – o Tutti gli uomini del presidente - Alan J. Pakula, 1976) o un facile registro documentaristico.

 


 

Se la ricerca di un registro stilistico personale e una costruzione visiva strutturata su diversi livelli rappresentano punti forti di questo The French Dispatch è pur vero che affrontare il XX secolo attraverso la storia del giornalismo (una delle possibili chiavi di lettura sul mondo) andando incontro al grande pubblico rischia di imbattersi in una sterile operazione di intrattenimento … se pur di livello.

Nel volume Shoah, al di là del visibile (Alessandro Mazzanti, Paolo Simoni, Edizioni MAGMA, 2007) emerge come il racconto storico non si possa affidare a nessuna scelta formale specifica in quanto la stessa rappresenterà sempre il punto di vista soggettivo dell’autore e che solo un percorso visivo che metta in contrapposizione opere di diversa natura e con la storia contemporanea possa aprire una breccia di verità sugli argomenti narrati (visione sulla quale si basa L’Histoire(s) du Cinema - Jean-Luc Godard, 1988 -  e, se pur in modo diverso, l’intera opera di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi). Anche se l’intento di Anderson non era sicuramente realizzare un’opera dal valore veritativo sulla storia del giornalismo e degli anni settanta, è anche vero che viviamo tempi in cui è necessario ribadire con forza tutta la concettualità critica a nostra disposizione per poter interrogare attivamente la memoria storica anche guardando opere di indiscusso valore come The French Dispatch.

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 Claudio Suriani Filmmaker



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