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venerdì 8 dicembre 2023

MAN OR ASTROMAN (1999) MAN OR ASTROMAN?


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C’E’ ANCORA DOMANI (2023) DI PAOLA CORTELLESI: SI IMPONE UNA RIFLESSIONE

Partiamo da una considerazione generale: ogni opera che dia adito a una discussione e a un confronto aperto arreca un contributo di valore alla comunità nell’epoca dell’essere umano digitale, veloce, poco riflessiva (non solo al cinema) che reclama un incremento di crescita personale propria dei vecchi cineforum. Detto questo, corre l’obbligo di precisare che da sempre il lavoro di Cinepeep è orientato a proporre mezzi critici per analizzare un lavoro cinematografico a diversi livelli che possano generare giudizi di merito che, il più delle volte, viene confuso con il giudizio di gusto. Un’attenta analisi dell’opera in sé a stretto contatto con la contemporaneità ci consente di prendere le distanze dalla logica dell’intrattenimento ribadendo che l’esperienza dello spettatore cinematografico (non il cinema in sé) è dettata dal tempo presente … dal qui e ora.




 

Chiariti tali presupposti C’è ancora domani, opera prima di Paola Cortellesi, dimostra il potenziale (parola densa di significato) registico dell’artista romana. Al termine della visione ciò che appare evidente è non solo il desiderio di portare a compimento la propria idea di cinema (nel grigiume del cinema italiano contemporaneo – quanto meno delle opere di successo – è senz’altro positivo) ma anche omaggiare la grande stagione del cinema neorealista (consapevole?) anche attraverso l’utilizzo di immagini di repertorio dell’Istituto Luce. Nonostante sia un’opera che dimostri un grande trasporto umano verso la condizione della donna nel nostro paese (mai cambiata in modo sostanziale) la nota di merito essenziale che desidero sottolineare non è tanto questa ma la ricerca personale che allontana l’ombra del marito Riccardo Milani dal ruolo simile a quello che Sergio Leone ebbe col Carlo Verdone degli esordi.




Ma esistono anche elementi di criticità.


Non posso affermare con certezza se sia da imputare alla Cortellesi o a imposizioni produttive tipiche del cinema italiano che ormai da anni, eccetto pochi casi (come la regista Alina Marazzi restando in ambito femminile) lavora contro la libertà stilistica (al contrario, del cinema orientale) quindi li metterò in evidenza sospendendo il giudizio.

Il primo aspetto è la colonna sonora: le musiche di Daniele Marchitelli (in arte Lele) sono in aperto contrasto con l’universo raccontato: un mondo fatto di violenza, di umiliazioni quotidiane ma anche di sofferenza e traumi inelaborati personali e collettivi… ricordiamo che siamo nell’immediato dopo guerra. La storia del cinema è carica di compositori che riuscivano a esprimere a pieno l’immaginario visivo dei registi per cui lavoravano (si pensi a Nino Rota per Federico Fellini o Angelo Badalamenti per David Lynch). Se l’intento di tale scelta era creare una sorta di shock nello spettatore non si è rivelata efficace in quanto nonostante la violenza subita da Delia sia quotidiana (al punto che anche il padre di Ivano sembra ribellarsi) Paola Cortellesi fa una scelta di campo chiara: mostrarla il meno possibile (in molte sequenze infatti è immaginata e non mostrata). Se l’inferno della protagonista emerge da una quotidianità divenuta ormai insopportabile ciò non consente alle musiche spensierate di Lele Marchitelli di creare quello shock estetico che (forse) la Cortellesi cercava (per comprendere meglio il concetto si pensi ad un film come Eraserhead: la mente che cancella – David Lynch, 1977 - e alla sua musica finale).

 

Questo è vale anche per le due sequenze di danza nel pieno della volgare violenza di Ivano.

Se un film come La vita é bella (Roberto Benigni, 1997) fu definito da Liliana Segre non realistico, nei confronti di C’è ancora domani vale lo stesso criterio: queste due sequenze rendono giustizia alle vittime di oggi? Inoltre, nel decidere di affrontare un tema drammaticamente attuale come la violenza sulle donne attraverso l’immaginario del neorealismo (scelta in partenza efficace) perché distaccarsi dai dettami estetici di una vera e propria scuola che così tanto ha dato al cinema italiano (e non solo) rappresentando a pieno la realtà per ciò che era?





Per concludere credo che le strade siano due: se da una parte un film come C’è ancora domani ci comunica che ogni scuola cinematografica è figlia del proprio tempo e cercare di replicarla a distanza di sessant’anni (neanche in modo del tutto fedele) possa risultare  un’operazione di maniera, dall’altra,  e torno al punto di partenza, una simile opera prima trasmette il desiderio (anche questo un termine saturo di significato) da parte di una giovane artista di mostrare al mondo le sue capacità (aspirazione del tutto legittima) cercando anche la propria identità registica … aspetto centrale per imporsi come autrice e non come regista mestierante.


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Claudio Suriani Filmmaker

 


martedì 5 dicembre 2023

KILLER OF THE FLOWER MOON (2023) DI MARTIN SCORSESE - ANCORA NULLA DI NUOVO

I grandi nomi del cinema mondiale sono portatori di grandi aspettative in quanto autori imprescindibili nella riflessione sul cinema. Possiamo fare un esempio paradigmatico. Nel caso di un autore come Martin Scorsese possiamo dar per scontata la sua maestria nella messa in scena e proporre una lettura di ampio respiro: un’opera come Killers of the Flower Moon (Martin Scorsese, 2023) diventa così il fine e non il mezzo di un’ampia riflessione perdendo sicuramente qualcosa di prezioso per la contemporaneità.





Andiamo per gradi: è stato messo in rilievo il legame di Killers of the Flower con le sue due opere precedenti, Silence (2016) e The Irishman (2019) al fine di rappresentare la violenza come una sorta di linguaggio universale facente parte della stessa natura umana assieme alla gestione del tempo e dello spazio attraverso un’ampia coralità di voci.

Nonostante il paragone sia del tutto legittimo, Killers of the Flower Moon con la sua enorme portata storica rischia di diventare autoreferenziale. Assodato che la struttura formale del cinema di Scorsese, a partire dalla scrittura, raramente presenta criticità ritengo che la domanda più interessante da porsi sia: attraverso la storia di Ernest e Lily cosa ci sta raccontando? Qual è il fuori campo? E, ampliando la portata del discorso, il cinema è un’arte narrativa o un’arte visiva? Cosa lo distingue dal racconto letterario?





Possiamo considerare valida l’obiezione per cui il cinema non sempre deve farsi portatore di principi morali o divenire uno strumento di lotta o utile a guidare le masse? Sembrerebbe vero per il cinema di Scorsese che sembra rispondere alla richiesta di intrattenimento se pur di qualità.

Questo è un concetto che spesso ritorna nel lavoro di Cinepeep: l’intrattenimento è figlio della società capitalistica, manca di quelle scelte formali capaci di suscitare una riflessione profonda … nel nostro caso la nascita degli Stati Uniti e la storia dei nativi americani. Inoltre uno dei mezzi più sottili, ma allo stesso tempo più efficaci per l’affermazione del potere storico e/o economico è proprio la capacità di “autocontestarsi” all’interno dei propri confini sia estetici che produttivi.

 

La critica a un sistema politico mossa da personaggi interni allo stesso diventa la forma più efficace della sua affermazione.

 

Killers of the Flower Moon è un esempio perfetto di come anche un intrattenimento di altissima qualità miri a nascondere le problematicità di un sistema che a causa dello sviluppo delle tecnologie informatiche sta radicalmente cambiando dall’interno (si pensi allo sciopero degli scrittori contro la scelta di affidarsi all’intelligenza artificiale o il proliferare di piattaforme digitali facendo perdere la centralità alla sala). Nonostante possa sembrare un aspetto del tutto secondario credo che sia di assoluta attualità in quanto ci mostra come il cinema storico, in un momento di grande rivoluzione estetico/tecnologia, non possa esimersi dall’inglobare nella sua proposta il fulcro centrale della nostra più stretta contemporaneità: la fusione tra eventi storici e un mezzo di comunicazione ormai cambiato dalle fondamenta al punto da essere considerato da alcuni obsoleto!!

Killers of the Flower Moon è uno splendido racconto su una fase decisiva della storia degli Stati Uniti carica della sapienza tecnica di un maestro come Martin Scorsese. Dal punto di vista di Cinepeep ciò che cerchiamo nel cinema e nell’audiovisivo in generale, è superare la logica anestetizzante dell’intrattenimento (se pur di qualità) per una riflessione sul ruolo delle immagini divenute ormai un’esperienza quotidiana molto diversa dall’epoca pre-rete.

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Claudio Suriani Filmmaker


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