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giovedì 27 luglio 2023

INDIANA JONES E IL QUADRANTE DEL DESTINO - In che direzione sta andando il cinema hollywoodiano?

L’ultimo capitolo della saga di Indiana Jones ci pone di fronte diversi interrogativi. In primo luogo perché si continui a portare avanti le vicende di un personaggio che ha caratterizzato il cinema d’intrattenimento degli anni ottanta ma che oggi risulta estraneo alle dinamiche del cinema contemporaneo. Da sempre le opere seriali (cinematografiche e televisive) soffrono l’eccessivo protrarsi di saghe nel momento in cui superano una canonica trilogia, nel caso del cinema, o un determinato numero di episodi nel caso della televisione; nel cinema hollywoodiano (di cui Steven Spielberg è il massimo rappresentante contemporaneo) appare evidente che l’obiettivo di investire su un brand di sicuro richiamo tenda a mettere in subordine il tema cardine del nostro discorso: un personaggio come Indiana Jones, oggi, ha ancora la forza di creare nuovi mondi




Se uno dei pregi della trilogia originaria si trova nella scrittura e conferisce ai film la forza narrativa delle grandi opere d’avventura (come Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain o l’intera bibliografia di Jules Verne) qui James Mangold si affida a una regia che mette in scena sequenze d’azione con inseguimenti in puro stile Fast & Furious e che nei momenti cruciali rischia di cadere in scelte formali sensazionalistiche facendo perdere di forza alla sua struttura narrativa, il découpage classico cede il posto a un montaggio frenetico tradendo la stessa idea di cinema dell’autore della saga. E’ difficile credere che Steven Spielberg si sia lasciato sfuggire il controllo su uno dei suoi personaggi più rappresentativi…E’ evidente che questa perdita di cura nella scrittura danneggi allo stesso tempo il potere visionario del cinema nonché il personaggio di Indiana Jones. Il cinema crea immagini-simbolo: se l’Indiana Jones anni ottanta era l’emblema di un cinema d’intrattenimento capace di creare mondi attraverso uno stile di messa in scena narrativo tipicamente hollywoodiano, Indiana Jones e il quadrante del destino soffre di una mancanza di chiarezza di intenti. 




Se nell’incipit de Il trionfo della volontà (Leni Riefenstahl, 1935) Leni Riefenstahl non narra il viaggio in aereo di Hitler ma la superiorità del Führer sul proprio popolo, i primi tre capitoli della saga ci riportano al cinema di Frank Capra per la vittoria del modello culturale americano, al grande Western di John Ford per la rappresentazione del Gran Canyon e della Monument Valley (in Indiana Jones e l’ultima crociata (1989)). Indiana Jones e il quadrante del destino è privo di sottotesti credibili in quanto la lotta ai nazisti non solo ha il sapore amaro del già visto ma appare come una scelta scontata verso la quale gli spettatori possono facilmente immedesimarsi. Inoltre il nazismo in quest’ultimo capitolo è rappresentato attraverso un falso storico che necessita di essere chiarito: il personaggio di Jürgen Voller, che desidera tornare indietro nel tempo per uccidere Hitler e invertire il corso della seconda guerra mondiale, si pone contro uno dei fondamenti su cui si basava l’intero nazionalsocialismo. Il Führer incarnava la prassi politica del Terzo Reich: ciò significava non solo che la parola di Hitler diventava direttamente legge dello stato ma l’intera struttura di potere (legislativo e militare) erano incarnate nella persona di Hitler e ogni nazista era pienamente cosciente di ciò. Quindi arriviamo alla domanda iniziale: in che modo il cinema può tornare a creare nuovi mondi? In che modo lo spettatore può rivivere il dolce smarrimento del cinema delle origini? La forza identitaria del western di John Ford o il terrore viscerale delle origini dell’horror? Nonostante sia un tema complesso che merita una riflessione apposita è necessario partire dall’augurio che in ogni caso possa tornare a investire sulla creazione di nuove storie ridando anche centralità alla sala come esperienza cinematografica nella sua interezza 

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Claudio Suriani Filmmaker



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