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martedì 13 dicembre 2022

BROKEN FLOWERS (2005) DI JIM JARMUSH

Uno dei meriti della colonna sonora di Broken Flowers di Jarmusch è aver riportato in auge una certa scena musicale etiope, ovvero il glorioso Ethio Jazz già tanto celebrato qualche anno prima dalle raccolte Ethiopique. Ma non è solo questo...e come potrebbe esserlo per una pellicola ambientata nella più profonda provincia americana? 

 

 
Ma andiamo con ordine. Una premessa: Broken Flower, del 2005, è ambientato in un contesto pre-rivoluzione/involuzione digitale, internet c’è, ma non ha ancora cambiato le nostre vite, i cellulari non sono ancora indispensabili nella quotidianità e per ascoltare bene la musica c’è ancora bisogno di un impianto audio, un lettore cd in auto con relativo supporto, magari masterizzato. Il ruolo chiave della storia è in carico a Winston (Jeffrey Wright) che convince l’amico Don (Bill Murray) a intraprendere un viaggio nella provincia americana organizzandogli tutto compreso un cd di musica etiope che gli masterizza (una colonna sonora nella colonna sonora). I pezzi strumentali di Mulatu Astatke (padre putativo del jazz etiope) vengono usati soprattutto nelle scene del viaggio del protagonista: Yegelle Tezet, un pezzo quasi rocksteady, Yekermo Sew e Gubelye, jazz minimale e scuro, punto d’incontro tra Etiopia e scena jazz newyorkes

Poi c’è la bellissima cover in acido di Ethanopium, dei Dengue Fever…

Queste musiche accompagnano Don (apatico, silenzioso e scettico) lungo il suo viaggio nelle contraddizioni americane e più che stare nel caos delle autostrade sembra invece di essere in un fumoso club jazz.

Ma come dicevo, nella colonna sonora c’è tanto altro.



Penso alla There is an end, dai sapori sixties, di Holly Golightly (una delle tante ex muse di Biily Childish e fategli una statua per favore a questo uomo!) accompagnata dai Greenhornes, il reggae Ride your donkey dei Tennors, la classica I want you di Marvin Gaye, la bellissima psichedelia anni ’90 di Not if you were the last dandy on earth dei Brian Jonestown Massacre, addirittura presenti i pesanti Sleep con Dopesmoker in una favolosa scena dove Don ha un brutto incontro con dei motociclisti tardo hippy.

Nel lavoro complesso di assemblare pezzi di vari artisti nella stessa colonna sonora, credo che in Broken Flowers siano state fatte scelte azzeccate, non scontate.

Gli accostamenti tra i pezzi scelti e le varie scene confermano la competenza e la passione del regista verso musicisti anche non allineati (come per esempio l’azzardo Sleep). Ed anche solo per questo verso Jarmusch non si può che avere massimo rispetto.

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Massimo Fiore


domenica 4 dicembre 2022

24 HOUR PARTY PEOPLE (2002) DI MICHAEL WINTERBOTTON) - La scelta di Tony

Per capire bene la nostra storia partiamo da una data: 4 giugno 1976. In 24 hour party people di Michael Winterbottom se ne parla all'inizio: il protagonista Tony Wilson (Steve Coogan) voce narrante, racconta di quella serata in cui suonarono per la prima volta a Manchester, al Lesser Free Trade Hall, i Sex Pistols facendola coincidere con la data dell'inizio del Manchester sound, anche perché tra i pochi presenti al concerto ci sono alcuni dei protagonisti della scena musicale mancuniana degli anni a venire. 
 





Siamo quasi all'esplosione del punk, la ventata fresca che porta queste nuove band è un toccasana per i giovani inglesi stanchi di suoni triti e ritriti, dei lunghi tecnicismi, dei pantaloni a zampa, di capelloni e barbe lunghe. Arrivano i punks che riportano tutto all'essenziale e al minimo impegno nel saper e nel voler suonare... e tutto cambia. Non voglio fare il radicale come Tim Warren che sostiene che il r'n'r è morto nel '67 ucciso da Sgt.Pepper's, lo so, che il punk c'era già negli Stati Uniti, lo so delle garage band americane, dei Stooges e degli MC5, dei Velvet Underground e dei New York Dolls, dei Ramones e delle altre band newyorkesi del giro CBGB's e Max's Kansas City, ma è in Inghilterra che nascono le prime fanzines, nasce un (non) movimento e persino un modo di ballare.
Nella colonna sonora del film sono presenti appena tre classici del primo punk inglese, ci sono naturalmente i Sex Pistols con Anarchy in the Uk, ci sono i Clash con Janie Jones e i Buzzcocks (prima band punk di Manchester) con Ever fallen in love (with someone you shouldn't've) tutte band che Tony Wilson passa nel suo programma musicale televisivo. 
 
 
 
Poi decide che la sponsorizzazione televisiva non basta e si dà anche alla produzione e distribuzione delle nuove band di Manchester facendo nascere, insieme ad Alan Erasmus, la Factory Records (un omaggio a Warhol?) l'etichetta che cambierà...o devierà la storia della musica pop. Entrerà nel gioco come produttore anche Martin Hannett (nella sua lapide giganteggia la frase “produttore e creatore del Manchester sound”, per far capire che personaggio abbiamo di fronte) che il suo metodo di lavoro poco convenzionale di sperimentatore incallito e il suo amore per l'eroina ne fanno un tipo non proprio facile da gestire. La sua genialità e il suo atteggiamento da padre padrone dentro lo studio di registrazione lo porteranno ad essere odiato da alcuni musicisti, in alcuni casi pretenderà persino di essere accreditato come scrittore e compositore dei brani (e meno male che Wilson non ingaggiò...o non ci riusci'...gli Smiths ed i Fall, ve lo immaginate che casino sarebbe successo tra Hannett, Morrissey e Mark E. Smith?).
Qui lo possiamo sentire nel lavoro fatto con i Joy Division...e con Transmission e la sua famosa linea di basso martellante e ripetitiva, la batteria secca e veloce (la firma di Hannett) uno dei capisaldi di tutto il post punk, poi She's lost control sempre con il basso che guida tutto, le batterie con ritmi meccanici sovrapposte, la bellissima Atmosphere con quel ritmo tribale e i sintetizzatori con sonorità scure per poi aprirsi a suoni celestiali mentre la voce profonda di Ian Curtis canta non andartene in silenzio, non andartene ... quello che avrei voluto dirgli il 18 maggio del 1980 prima che decidesse di lasciare questa disgraziata terra...e infine Love will tear us apart con la struttura da normale (perfect) rock song dove il giro oramai inconfondibile di tastiera la fa da padrone. L'altra band del primo giro Factory presente nella colonna sonora sono i Durutti Column, qui con Otis, brano guidato dall'arpeggio di chitarra di Vini Reilly che insieme agli inserti di voce quasi in lontananza rendono l'atmosfera del brano rilassata e ultraterrena ... molto bella.
 

 
 

Poi tutto cambia. Ian Curtis muore ed i Joy Division diventeranno i New Order, faranno ballare tutto il mondo, venderanno milioni di dischi e apriranno la strada a una nuova scena (Manchester) di band come gli Happy Mondays di quei flashati dei fratelli Shaun e Paul Ryder. Nella pellicola si dà ampio spazio alle musiche e alle scorribande grottesche e divertenti dei fratelli Ryder, la loro musica è un cocktail di dance e funky bianco tutto shackerato con il post punk e servito ad una festa sballatissima. La festa sarebbe potuta esserci all'Hacendia (Fac 51) anche se li' è in tutti gli altri club aperti in quel periodo i giovani preferivano l'ecstasy all'alcool. La cultura del club, con l'esplosione dell'house e dell'acid house e il ruolo principale del dj sarà la nuova moda nei locali di Manchester, prima, e di tutto il mondo, poi.  Bella la scena finale dell'ultima serata dell'Hacendia, mentre il dj suona Hallelujah degli Happy Mondays in versione club mix (la dance anni '90 come sarebbe dovuta essere) Tony Wilson incita i giovani a saccheggiare tutta la strumentazione prima di lasciare il locale e non può non venire in mente il blackout di New York tra il 13 ed il 14 luglio del 1977, quando centinaia di ragazzi assaltarono i negozi di elettronica e rubarono mixer e giradischi che non avrebbero mai potuto permettersi. Si dice che la futura scena hip hop newyorkese nacque quella notte.

Martin Hannett morirà di infarto a soli 42 anni il 18 aprile del 1991 e la Factory chiuderà per fallimento nel 1992. E proprio in quegli anni inizierà in Inghilterra quel mega imbroglio del Britpop.

Ma si può dire che la popular music alla fine è sempre stata tutta una grande truffa e i Sex Pistols lo avevano capito bene.

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Massimo Fiore

 

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