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venerdì 2 dicembre 2022

OCCHIALI NERI (2022) DI DARIO ARGENTO - Il declino di un grande maestro.

Un autore cinematografico si differenzia dalla figura del regista mestierante grazie alla presenza di un estetica riconoscibile capace di influenzare in modo decisivo la storia del cinema e l’immaginario visivo; tuttavia, quando ci si affida a clishè di genere stereotipati con l’intento di realizzare il film che tutti si aspettano ecco che nasce opere come Occhiali neri.
 

 
 
Per chi ama il cinema e cerca di approfondirlo con un occhio critico capace di oltrepassare il mero giudizio di gusto Occhiali neri non può che rappresentare un profondo dolore; dolore nel vedere un regista dell’importanza di Dario Argento ormai stanco, privo di ogni desiderio creativo e capace di affidarsi a sentieri già percorsi allo scopo di portare a casa il risultato. Occhiali neri è del tutto privo di una struttura narrativa credibile e ci presenta personaggi sprovvisti della più minima caratterizzazione psicologica; se consideriamo il personaggio del serial killer (elemento cardine in ogni thriller che si rispetti) Dario Argento non ci fornisce alcun elemento né di carattere psicologico né di carattere storico/sociale (a differenza di opere cult come Non aprite quella porta, Il silenzio degli innocenti, Psycho e Halloween o opere contemporanee come La casa di Jack, The gangster, the cop, the devil, Lady vendetta, Seven o Saw; l’enigmista). 
 
 
 
Il cinema horror senza una sceneggiatura accurata rivolta ad un indagine dell’animo dei protagonisti non solo risulta stucchevole ma rischia persino di cadere nel ridicolo; quando emerge il movente da parte dell’assassino non solo non ho potuto fare a meno di ridere ma mi sono interrogato sul perché proseguire nella visione. Tuttavia l’approssimazione non riguarda solo la scrittura: il film è caratterizzato da una messa in scena del tutto insignificante, sequenze di dubbio gusto con dialoghi approssimativi con, per di più, grossolani errori di regia (come lo scavalcamento di campo nella sequenza della morte della poliziotta). Se è vero che ogni opera una volta conclusa vive di vita propria è anche vero che, proprio per tale peculiarità, non solo dialoga apertamente con i capolavori del genere che porta avanti ma si inserisce nel contesto storico/sociale in cui viene prodotta; se film come Non aprite quella porta o Psycho rappresentano appieno la morte del sogno americano data dallo scandalo Watergate e la nascita dell’orrore viscerale a causa della scoperta del caso di Ed Gein, un film come Occhiali neri si inserisce in un contesto come quello italiano del tutto privo di eventi di rottura di tale portata ed è anche per questo che presto cadrà nel dimenticatoio insieme a quasi la totalità delle produzioni RAI CINEMA.
 
 
Un ulteriore elemento che caratterizza il film è un citazionismo del tutto puerile che va da L’eclisse (Michelangelo Antonioni, 1962) a Il gatto a nove code dello stesso Dario Argento (1971); se nel capolavoro di Antonioni l’eclisse si manifestava come l’eclisse dei sentimenti e di una disumanizzazione dei rapporti umani in una società che si avviava verso il boom economico, la sequenza iniziale di Occhiali neri, in cui c’è una vera eclissi, non solo appare scollegata con il resto delle vicende narrate ma riesce a dare all’intera opera un profondo senso di pretenziosità in quanto questa chiave interpretativa non viene minimamente approfondita. Occhiali neri è un film del tutto evitabile perché getta fango sulla carriera di un autore importante del nostro cinema e impedisce al cinema indipendente di imporsi come alternativa al cinema meainstream. 
 
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Claudio Suriani Filmmaker

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