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venerdì 23 dicembre 2022

PILLOLE DI CINEMA - NON APRITE QUELLA PORTA (1974) DI TOBE HOOPER - Il ballo solitario di Leatherface



 Uno dei principi che da sempre guida il lavoro di Cinepeep è che lo spettatore, se desidera comprendere a pieno i meccanismi del cinema, ha il dovere di entrare nei territori oscuri della settima arte senza la protezione della perfezione formale e della legittimazione storico-accademica; questo fà di Non aprite quella porta un film imprescindibile nel panorama horror anni 70 (insieme ad autori come John Carpenter, Sam Raimi, Wes Craven, David Cronemberg ecc) e dell'intera storia del cinema.
 
Leatherface si distacca dalla canonica rappresentazione del serial killer in quanto mette in scena  il puro istinto animale privo di  qualsivoglia cultura o inserimento sociale. Non esistono le turbe psichiche del Dott.Lecter (Il silenzio degli innocenti, Jonathan Demme - 1991), la devianza sessuale di Hans Bekert (M Il mostro di Düsseldorf - Fritz Lang, 1931). Leatherface è del tutto privo di un passato con il quale empatizzare o un'intenzione carica d'odio dalla quale difendersi.

Non aprite quella porta è saturo di un orrore creativo (e quindi efficace perchè non stucchevole) rappresentando l'oppressione di un mondo chiuso in sé stesso e privo di speranza ma, al tempo stesso, difficile da dimenticare.

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Claudio Suriani Filmmaker

martedì 20 dicembre 2022

PILLOLE DI CINEMA - NANNY LA GOVERNANTE (1965) DI SETH HOLT - I capolavori della follia

 
 

Uno degli aspetti più interessanti di Nanny la governante ( Seth Holt, 1965) è la costruzione magistrale della tensione hitchcockiana: lo spettatore viene introdotto, attraverso una scrittura tipica del thriller anni '60, in un vortice di follia con un'accurata caratterizzazione dei personaggi e del contesto sociale di riferimento.
L'anima oscura di Bette Davis, già incontrata nel capolavoro di Robert Aldrich Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) emerge ancora una volta presentandoci un personaggio caratterizzato da una lucida follia e fortemente ispirato alla caratterizzazione del Norman Bates di Psycho (Alfred Hitchcock, 1960).
L'indagine nei meandri di una psiche alienata porta con sé un ritmo narrativo capace di scoprire in ogni passaggio la natura profondamente perturbante di un'attrice diventata simbolo di un'America lontana dal sogno hollywoodiano. Uscito nel 1965, insieme a Repulsione (Roman Polanski, 1965) il film di Seth Holt si inserisce nello stesso filone ricalcandone le atmosfere.
 
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 Claudio Suriani Filmmaker

domenica 18 dicembre 2022

PILLOLE DI CINEMA - GRETEL E HANSEL (2020) DI OZ PERKINS- Il cinema delle grandi fiabe

 
 
Gretel e Hansel ( Oz Perkins, 2020) mette in scena il lato oscuro delle grandi fiabe attraverso le interpretazioni di Sophia Lillis e Sam Leakey e una fotografia che gioca sul contrasto tra oscurità e colori Pop Art e un evidente legame col cinema di Mario Bava. L'immaginario dei fratelli Grimm e i relativi topos narrativi vengono attualizzati e potenziati visivamente con un incremento del loro effetto sull'immaginario collettivo.
Inoltre Gretel e Hansel porta avanti il filone cinematografico del Folk-Horror che trova in opere come I disertori - A Field in England (Ben Wheatley, 2013), The Village (M. Night Shyamalan, 2004) e soprattutto The Wicker Man (Robin Hardy, 1973) alcuni tra gli esempi più significativi (da citare anche il nostro Il signor Diavolo - Pupi avati, 2019).
Gretel e Hansel dimostra che anche il cinema per il grande pubblico può avere elementi di interesse e che può superare la logica anestetizzante dell'intrattenimento.
 
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 Claudio Suriani Filmmaker




venerdì 16 dicembre 2022

LA VITA DI ADELE (2013) DI ABDELLATIF KECHICHE - La forza penetrante dello sguardo


 La vita di Adele (Abdellatif Kechiche, 2013), ispirato alla grafic novel Il blu è un colore caldo ( Jul' Maroh, 2010) è la storia di una giovane ragazza che apre il suo cuore a nuove emozioni innamorandosi di Emma, più grande di lei. Nonostante sia divenuto negli anni un film simbolo della comunità LGBTQR ritengo che tale interpretazione sia errata in quanto il film narra il puro atto dell’innamoramento e non la scoperta della propria identità sessuale a differenza di film come Pride (Matthew Warchus, 2014) o Milk (Gus Van Sant, 2009). Uno dei suoi aspetti cardine è la forza penetrante dello sguardo incrociato delle protagoniste

 

 

Nell’approcciarsi a un’opera può succedere che il desiderio di analizzare ogni suo aspetto  ci faccia perdere di vista l’impatto emozionale della prima visione. L'approccio analitico/interpretativo infatti dev'essere conquistato attraverso la reiterazione in quanto il buio della sala ci pone in una condizione passiva dando vita a una serie di processi psicoanalitici teorizzati da autori come Cristian Metz, Alberto Angelini, Robert Stam e Maria Grazia Vassallo Torrigiani.

Il primo incontro tra Adele ed Emma mette in scena una dinamica assimilabile al capolavoro di Luchino Visconti Ossessione (1943): l’identificazione delle protagoniste ha inizio dallo sguardo inquadrato in primo piano e in questa doppia immedesimazione il cinema si carica dello sguardo del regista, delle protagoniste e dello spettatore. Questo triplo legame è determinante, ci spinge a riflettere sul concetto di verità nel cinema: uno sguardo rubato è capace di cambiare la vita delle protagoniste, il cinema esprime la forza di raccontare storie attraverso  singoli fotogrammi, è l’arte del hic et nunc. La vita di Adele dal punto di vista stilistico è il punto di congiunzione di alcune delle opere più significative  degli ultimi anni in particolare La classe (Laurent Cantet, 2008) e Lussuria (Ang Lee, 2007): Kechiche riesce a creare un perfetto legame estetico/narrativo ma anche una sorta di realismo visivo. Il film segue le vicende di Adele inizialmente nel suo periodo di formazione ed infine nel dolore per l’abbandono di Emma. Non esiste alcuna sovrastruttura estetica, nessun occhio morboso nelle scene erotiche: questo risultato è stato raggiunto grazie ad una direzione delle attrici rivolta a consumare ogni forma di resistenza attraverso innumerevoli ciack in particolar modo nelle sequenze più compromettenti dal punto di vista emotivo. Nonostante tale regia tirannica sia stata ampiamente criticata dalle attrici (per motivi tuttavia discutibili) è fuori dubbio che il risultato sullo schermo è incredibile in quanto la forza drammatica riesce a coinvolgere totalmente lo spettatore dando alla pellicola la stessa forza  della graphic novel.

  

La struttura è costruita attraverso un'ellissi temporale che divide il film in due parti: adolescenza di Adele e la sua vita adulta  tra insegnamento e  convivenza con Emma. Non ci è dato sapere se tra le due parti del film siano accaduti eventi determinanti, ciò che vediamo è un importante cambio di direzione delle protagoniste che le porta a trasformare la natura stessa del loro rapporto. Abbiamo visto come il film ci narri del puro atto dell’innamoramento: la rottura tra Emma ed Adele invece non risulta coerente con il racconto e ci porta quasi a tifare per la seconda. Seguendo questa impronta  il finale ci appare carico di una sottile crudeltà in quando l'ostentata indifferenza del congedo di  Emma ci arriva più dura di un sincero e sentito rifiuto. Nonostante queste, in fondo perdonabili, perplessità di struttura, La vita di Adele rimane un'opera capace di raccontare  senza inutili divagazioni ed è questo il suo maggior punto di forza.

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 Claudio Suriani Filmmaker


giovedì 15 dicembre 2022

FOXFIRE; RAGAZZE CATTIVE (2012) DI LAURENT CANTET - La censura nell'epoca dei nativi digitali

 Rivolta femminista, rivendicazioni sociali, lotta contro l’America di McCarthy: tutto vero ma c'è molto di più.

Una storia non porta mai avanti un messaggio univoco perchè la scrittura è alimentata da numerosi sottotesti; lo sguardo del regista sul mondo risulta un punto focale attorno al quale ruotano gli occhi dei protagonisti, degli spettatori e special modo del significato storico che uno sguardo assume in un determinato luogo e in una determinata epoca.

 


Inoltre l’esperienza del pubblico con il cinema narrativo, dall’avvento delle tecnologie digitali, della rete e della tecnologia peer to peer, ha subito una radicale trasformazione nel corso del tempo: la pratica onirica della sala cinematografica ha lasciato il posto ad una (possibile) continua rielaborazione delle immagini e del loro significato.

Lo spettatore spesso per vedere un film non è costretto a recarsi nella sala cinematografica perché può trovarlo, dopo pochi giorni dalla sua uscita, in streaming o in download in rete; sorvolando sulle questioni etico-legali ci soffermeremo sulla radicale trasformazione dell’ esperienza cinematografica e del suo intero apparato tecnico.

Attraverso questi mezzi lo spettatore entra di fatto nella narrazione acquisendo i mezzi tecnici per una totale rielaborazione del film attraverso il proprio squardo; si pensi ad esempio ai link di siti di condivisione video (come YouTube) e alla proposta di video in linea con il video centrale e con gli interessi dell’utente; vengono a crearsi veri e propri montaggi che creano film diversi ad ogni visione.

 

Non esiste più il film come esperienza unica, solo uno dei tanti  possibili che vengono a crearsi ad ogni nostro click: in questo modo rielaborare il cinema significa rielaborare la nostra visione del mondo.

Il primo film in terra americana di Laurent Cantet non si sottrae a questa dinamica e questo passaggio risulta ancor più decisivo se pensiamo alla censura in cui il film è incappato nel nostro paese.

Nelle motivazioni ufficiali si legge: “… per le continue e ripetute condotte di rottura delle regole con modalità violente" e "il farsi giustizia da sole" a cui possiamo aggiungere la rappresentazione degli adulti come totalmente negativi, si ritenne che tutto questo ponesse  seri problemi di elaborazione in un minore di anni quattordici che potrebbe avere difficoltà a contestualizzare ed essere tentato da comportamenti emulativi.

Risulta difficile infatti, per un minore degli anni quattordici, la contestualizzazione che renderebbe maggiormente elaborabili e comprensibili i meccanismi che caratterizzano la storia. Peraltro, il gruppo delle ragazze viene presentato in veste eroica e anche per questo le condotte a rischio possono essere lette come attraenti”.

Queste le proteste di Cantet e di Teodora Produzioni.

 Ciò che non è stato ancora analizzato è il perché il film nonostante la censura, non solo sia liberamente disponibile sulle piattaforme streaming il che ci fornisce la possibilità di chiarire  come l’uso dei vari medium  trasformi radicalmente sia l’opera sia gli effetti sullo spettatore e sulla comunità.

Il cinema, attraverso il suo legame imprescindibile con i new media, torna a essere un vero e proprio atto politico e la stessa visione del film si carica di ulteriori sguardi e significati.

  

Foxfire, ragazze cattive, visto in Italia attraverso la rete è un film diverso da Foxfire, confessions d'un gang visto liberamente in qualunque altra parte del mondo esattamente come la nona sinfonia di Beethoven, suonata da Wilhelm Furtwängler alle celebrazione del compleanno di Hitler è un'opera diversa dalla nona sinfonia suonata nei lager nazisti, o da quella che ascoltiamo liberamente nelle nostre case. 

E’ di questa tensione creativa che Foxfire vive. Poco importa che risulti essere sul piano formale un passo indietro rispetto a La classe perché l’esperienza cinematografica classica oggi risulta del tutto anacronistica. Basti pensare al Kinoglaz di Dziga Vertov, all’Histoire(S) Du Cinema di J.L. Godard, al film Redacted di B. De Palma o alla serie Tv Black Mirror.
Il cinema oggi è un intreccio di tanti possibili Link che aprono ulteriori possibili schermi e occhi bio/meccanici che interrogano e creano un montaggio tra la storiografia, la storia del cinema e le vicende che l'autore ci narra trasformando il film che diventa  una visione di  comunità (o di una comune) acquisendo un valore storico/politico. Film da vedere e da mettere in relazione con i più diversi stili cinematografici.

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 Claudio Suriani Filmmaker

mercoledì 14 dicembre 2022

HANAPPE BAZOOKA (1992) DI KAZUO KOIKE - I nostri demoni

Il mondo degli anime è divenuto nel tempo parte integrante del cinema contemporaneo: registi come Hayao Miyazaki, Satoshi Kon e Katsuhiro Ōtomo (già incontrato nella recensione di Akira) riescono non solo ad influenzare il cinema mainstream (si pensi all'influenza di Perfect Blue in Mulholland Drive - David Lynch, 2001 - o sui primi film di Darren Aronofsky) ma a far defragrare l'ingombrante canone dell'animazione disneyana.

   

 Hanappe Bazooka, di Kazuo Koike, non rientra tra i capolavori del genere. La trama è la seguente: il giovane Hanappe è un liceale timido e insicuro follemente innamorato della giovane Takayanagi e vittima degli abusi dei bulli del quartiere. Un giorno, nell’atto di masturbarsi davanti ad un filmato pornografico, riesce ad evocare due spiriti demoniaci: Bazooka e Mefisto Dance, spiriti che sembrano animare nel giovane Hanappe le sue più profonde paure (specialmente verso Mefisto Dance verso la quale prova un misto di attrazione e terrore primordiale). Hanappe Bazooka è caratterizzato da una scrittura tipica del cinema di genere asiatico presentando, tuttavia, evidenti limiti strutturali.

Ci sono al suo interno diverse tematiche eterogenee che non arrivano mai ad un significativo approfondimento: è un commedia romantica, un fantasy e a tratti un horror fino a sfociare in una pornografia infantile incapace di centrare il suo obiettivo: la rappresentazione delle pulsioni sessuali adolescenziali. 


Un ulteriore aspetto sviluppato debolmente è dato dal ruolo dei personaggi di Bazzoka e Mefisto: entrambi costringeranno il giovane Hanappe a sviluppare una forza tale da trasformare tutte le sue insicurezze verso un finale caratterizzato da un misticismo dal sapore evocatorio anch’esso privo di un approfondimento adeguato. Nonostante l’autore dimostra di sapersi destreggiare tra mille generi diversi, Hanappe Bazooka alla fine della visione lascia diversi interrogativi; il suo principale demerito è di aprire troppe strade interpretative senza chiuderne, in realtà, neanche una. Se ci si approccia al film con un animo leggero a puro scopo ludico è un aspetto tutto sommato trascurabile ma ad un occhio critico di spettatori navigati ciò risulta un aspetto determinante rendendo l’opera lontana anni luce dai capolavori del genere (come il già incontrato Akira o Paprika e Perfect Blue di Satoshi Kon). Personalmente è un opera che non mi sento di sconsigliare ma da guardare con profondo senso critico.

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 Claudio Suriani Filmmaker

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