
Negli ultimi
anni la casa di produzione Irish Film Board sta portando avanti una scena di
registi capaci di raccontare retroscena
della cultura irlandese attraverso linguaggi diversi: pellicole che vanno
dall’animazione de La canzone del mare (Tomm Moore, 2014), film a carattere storico come Bloddy Sunday
(Paul
Greengrass, 2002) e tanti film dell’orrore tra cui questo You Are not my mother che vede
l’esordio alla regia di Kate Dolan.
You Are not
my mother è il primo lungometraggio della regista irlandese e narra
la storia di Char e della sua famiglia focalizzandosi sulla figura della madre
e sul suo passaggio dalla depressione alla manifestazione di una natura
demoniaca risalente alla tradizione culturale irlandese.
Fin dagli esordi
con Cinepeep ho rivolto la mia attenzione al cinema inedito in Italia non solo per
una mera azione divulgativa ma anche per affermare ciò che, nel tempo, è
diventato un manifesto e una dichiarazione d’intenti: l’istituzione cinematografica (intesa
come sistema economico produttivo) ha un effetto rilevante sull’immaginario
dello spettatore in quanto ogni elemento messo in scena è in rapporto diretto sia
con la sfera emotiva che con la sua capacità riflessiva… il vero luogo in cui
il film lavora. La nascita di movimenti cinematografici sostenuti da produzioni
economicamente non rilevanti (non esiste solo Hollywood o Netflix) è
sempre stata una delle vie maestre per narrare la vita nei piccoli centri
urbani, come l’esempio italiano del
documentario La regina di Casetta (Francesco Fei,
2018 che affronteremo prossimanente su Cinepeep). Torniamo a You Are not my
mother: un giorno la madre di Char, vittima di una grave forma
depressiva, sparisce per tornare la sera dopo come se nulla fosse successo.
L’elemento da
cui partire è la rappresentazione della periferia.
Abbiamo già incontrato diverse opere in cui la
lontananza dai grandi centri urbani influisce sulla scrittura e sul ritmo della
messa in scena come Antlers,
Spirito insaziabile (Scott
Cooper, 2021), Gummo
(Harmony Korine , 1997) e Lamb (Valdimar Jóhannsson, 2021).
La periferia di Dublino è rappresentata da una
fotografia dai colori cupi sulla quale influisce in modo decisivo la luce che,
per il cinema nordico, rappresenta da sempre un ibrido tra cinema e vita. L’alternanza
radicale tra luce e buio cela una totale
assenza di comunità e di emancipazione, profilando
una dimensione privata delle protagoniste
in cui l’oscurità regna sovrana e detta le regole estetiche delle
vicende che andranno delineandosi. Non mi spingerò oltre per ovvi motivi con
la sinossi. Nonostante le tematiche non siano certo innovative, Kate Dolan riesce a
costruire una tensione crescente in cui la sfera privata delle protagoniste si
carica di una forza espressiva talmente forte che non possiamo fare a meno di
notare l’influenza di importanti scuole: La casa e Non aprite quella
porta – Sam Raimi e Tobe Hooper); il cinema orientale contemporaneo come Ju-on:
Rancore (Takashi Shimizu, 2002) Visitor Q (Takashi Miike, 2001)
mentre per il cinema europeo tale
tematica è stata sviluppata prevalentemente
in chiave sociopolitica come Family Life (Ken Loach, 1971) I
pugni in tasca (Marco Bellocchio, 1965) e il più recente Lazzaro felice
(Alice Rohrwacher, 2018).

Un ulteriore elemento di interesse è dato
dal fatto che nelle opere contemporanee dalla forte natura perturbante è
ricorrente il tema della solitudine: la natura perturbante di You Are Not My
Mother nasce dalla tensione nata dalla repressione dei racconti mitologici
irlandesi sotto il peso di un cemento anonimo e alienante. You Are Not My
Mother vive di una contradizione interna di ordine narrativo che, invece di
rendere la pellicola carente, ne accresce la forza espressiva superando il
concetto stesso di cinema di genere. Nonostante fin dalla locandina l’opera ci venga
presentata come un film horror (quasi a fidelizzare il pubblico di riferimento)
i meccanismi interni che la animano non sfociano mai nel puro orrore
(come nel cinema di Wes Craven o del nostro Lucio Fulci): il restare sulla
soglia tra terrore e orrore permette allo spettatore di vivere una tensione
ancora più forte in quanto l’orrore cinematografico è un’immagine storicizzata
e del tutto elaborata. You Are Not My Mother lascia ben sperare che Kate
Dolan potrà offrirci successive opere di valore.
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Claudio Suriani Filmmaker