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martedì 7 febbraio 2023

NON SIAMO PIU' VIVI (2022) - UN TEEN-HORROR DI CUI NON SI SENTIVA IL BISOGNO

E’ possibile sviluppare idee nuove attraverso una tematica ormai ben strutturata come l’universo zombie? E’ possibile creare non capolavori…ma opere che diano da pensare e che sviluppino un dibattito? L’ultima serie coreana prodotta da Netflix, Non siamo più vivi, ci dice purtroppo di no.

 

Non siamo più vivi, basato sul manga All of Us Are Dead, racconta di un apocalisse zombie in una piccola città sudcoreana e le vicende di un gruppo di studenti braccati nella propria scuola e abbandonati a se stessi dalle istituzioni. Fin dai primi episodi ciò che appare chiaro è l’estrema ripetitività di tali tematiche (non solo all’interno della serie ma anche nell’intera tradizione audiovisiva sullo zombie); la soglia che divide vita e morte e il suo legame con la dimensione biologica è una tematica che si apre, potenzialmente, ad innumerevoli possibilità interpretative (come hanno dimostrato Robin Campillo prima e Fabrice Gobert rispettiva mente con The returned e Les Revenants); inoltre il suo essere rivolto ad un pubblico di adolescenti ha ulteriormente impoverito una tematica molto più complessa di come appare e dalla grande tradizione cinematografica (ricordiamo che il primo film zombie è del 1932 (L'isola degli zombies di Victor Halperin – 1932).


 

La struttura narrativa presenta tematiche deboli e poco convincenti (come la creazione di un virus da parte di un professore di scienze, per permettere al proprio figlio di difendersi dai bulli della scuola) e  inoltre ciò che poteva rappresentare un attacco alle istituzioni sudcoreane (come la decisione di bombardare la città da cui nasce l’epidemia o quella di abbandonare i giovani protagonisti al loro destino) appaiono come scelte difficili da parte delle autorità ma in fondo giustificabili.

Tuttavia il punto più debole dell’intera serie è il rapporto tra l’orrore della violenza zombie e il mondo adolescenziale caratterizzato da topos narrativi ricorrenti (come gli innamoramenti o il pensare alle vicende scolastiche quando ormai la scuola e la propria città non esistono più).

Non siamo più vivi nel mettere in scena un teen-horror a tematica zombie cerca di conservare tratti di positività e di speranza per il futuro ed è qui che fallisce il proprio scopo: non può esserci lieto fine in un’apocalisse o in un bombardamento  a tappeto di una città perché i morti gridano giustizia (come il protagonista di La notte dei morti viventi) oppure ciò che può nascere dal terrore prima, e dall’orrore poi, è un futuro incerto carico di suspense e di incertezza (come nel finale di Gli uccelli - Alfred Hitchcock , 1963).

 

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Claudio Suriani Filmmaker

mercoledì 14 dicembre 2022

HANAPPE BAZOOKA (1992) DI KAZUO KOIKE - I nostri demoni

Il mondo degli anime è divenuto nel tempo parte integrante del cinema contemporaneo: registi come Hayao Miyazaki, Satoshi Kon e Katsuhiro Ōtomo (già incontrato nella recensione di Akira) riescono non solo ad influenzare il cinema mainstream (si pensi all'influenza di Perfect Blue in Mulholland Drive - David Lynch, 2001 - o sui primi film di Darren Aronofsky) ma a far defragrare l'ingombrante canone dell'animazione disneyana.

   

 Hanappe Bazooka, di Kazuo Koike, non rientra tra i capolavori del genere. La trama è la seguente: il giovane Hanappe è un liceale timido e insicuro follemente innamorato della giovane Takayanagi e vittima degli abusi dei bulli del quartiere. Un giorno, nell’atto di masturbarsi davanti ad un filmato pornografico, riesce ad evocare due spiriti demoniaci: Bazooka e Mefisto Dance, spiriti che sembrano animare nel giovane Hanappe le sue più profonde paure (specialmente verso Mefisto Dance verso la quale prova un misto di attrazione e terrore primordiale). Hanappe Bazooka è caratterizzato da una scrittura tipica del cinema di genere asiatico presentando, tuttavia, evidenti limiti strutturali.

Ci sono al suo interno diverse tematiche eterogenee che non arrivano mai ad un significativo approfondimento: è un commedia romantica, un fantasy e a tratti un horror fino a sfociare in una pornografia infantile incapace di centrare il suo obiettivo: la rappresentazione delle pulsioni sessuali adolescenziali. 


Un ulteriore aspetto sviluppato debolmente è dato dal ruolo dei personaggi di Bazzoka e Mefisto: entrambi costringeranno il giovane Hanappe a sviluppare una forza tale da trasformare tutte le sue insicurezze verso un finale caratterizzato da un misticismo dal sapore evocatorio anch’esso privo di un approfondimento adeguato. Nonostante l’autore dimostra di sapersi destreggiare tra mille generi diversi, Hanappe Bazooka alla fine della visione lascia diversi interrogativi; il suo principale demerito è di aprire troppe strade interpretative senza chiuderne, in realtà, neanche una. Se ci si approccia al film con un animo leggero a puro scopo ludico è un aspetto tutto sommato trascurabile ma ad un occhio critico di spettatori navigati ciò risulta un aspetto determinante rendendo l’opera lontana anni luce dai capolavori del genere (come il già incontrato Akira o Paprika e Perfect Blue di Satoshi Kon). Personalmente è un opera che non mi sento di sconsigliare ma da guardare con profondo senso critico.

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 Claudio Suriani Filmmaker

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