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martedì 22 novembre 2022

GINGER E ROSA (2012) DI SALLY POTTER - La fuga dalla prigione terrestre


Il 4 ottobre del 1957 l’Unione Sovietica lanciò in orbita il satellite Sputnik (in italiano compagnuccio di strada); fu un evento decisivo per la contemporaneità per due motivi principali: il primo, di natura politica, è che diede vita alla corsa allo spazio (elemento determinante per l’inasprimento della guerra fredda) mentre il secondo, di ordine estetico, portò l’immaginario collettivo verso il superamento della prigione terrestre dando vita all’idea del mondo divenuto immagine

Analizzando questi due aspetti propedeutici al nostro percorso, notiamo come siano conseguenziali in quanto il conflitto tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti si combattè anche sul fronte della corsa agli armamenti nucleari e che la prospettiva di un’imminente catastrofe fece considerare l’abbandono del nostro pianeta come una via del tutto percorribile per la salvaguardia della specie. Per la prima volta l’essere umano viene privato del mondo generando un shock di ordine concettuale. Ginger e Rosa (Sally Potter, 2012) vive di queste dinamiche interne; sono amiche fin dall’infanzia e, passando attraverso diverse avventure tipiche degli anni dell’adolescenza, approdano all’attivismo politico rivolto al bando degli armamenti nucleari. Tuttavia il loro impegno le farà approdare verso orizzonti profondamente diversi: Rosa (Alice Englert) arriverà ad avere una relazione con il padre di Ginger che ne sarà traumatizzata (soprattutto quando la madre a tal riguardo tenterà il suicidio).

Il legame fra trauma storico e trauma individuale è tipico del cinema di genere del secondo dopoguerra; se nel giapponese Godzilla (Ishiro Honda, 1954) affrontava il trauma collettivo del bombardamento nucleare in chiave fantasy e se gli Stati Uniti affrontarono la lotta al nemico comunista attraverso l’applicazione di stringenti codici regolamentari, era chiaro in entrambi i casi che questi eventi si sarebbero imposte come cesure storiche irreversibili. Se il cinema americano cercò di elaborare questo doppio risvolto del trauma attraverso pellicole come Shutter Island (M. Scorsese, 2010) o Redacted (B. DePalma, 2007), Ginger e Rosa aggiunge elementi tipicamente britannici a questa riflessione. 

 Il primo riguarda le dinamiche familiari.

Ginger e Rosa sembra rifarsi a A Family Life (Ken Loach, 1971) in cui tali dinamiche sono inserite in un clima sociopolitico fortemente oscurantista ed oppressivo. La sola idea che la terra potesse realmente essere distrutta influenza in modo decisivo le vicende dell’opera; Ginger nel venire a conoscenza della relazione tra Rosa e il padre si rifugia in un attivismo acritico ormai incapace di scindere i piani del proprio dolore con conseguenze dirette sul linguaggio e sulla sua capacità riflessiva (come nella sequenza in cui Ginger, piangendo, perde la capacità di distinguere tra la propria lotta politica e la propria sofferenza).

 

Proprio come nei film di De Palma e Scorsese, l’elaborazione degli eventi storici è affidata al lavoro del singolo; proprio come molti sopravvissuti ad Auschwitz Ginger perde la capacità di raccontare poichè il linguaggio è una diretta conseguenza dell’elaborazione psichica del proprio vissuto e nel venir meno del padre e della sua amica d’infanzia (il proprio orizzonte di riferimento) viene meno il suo essere nel mondo. Tuttavia le tematiche di Ginger e Rosa non sono sostenute da una messa in scena ad esse coerente, essendo di stampo classico hollywoodiano, in cui il montaggio è celato. Il valore politico dell’immagine nasce nel cinema sovietico degli anni venti attraverso l’opera di autori/teorici come Sergej Ä–jzenÅ¡tejn e Dziga Vertov che lavorando rispettivamente sul montaggio e sullo sdoppiamento del punto di ripresa gettarono le basi per ciò che W. Benjamin definì la politicizzazione dell’arte. Ginger e Rosa trova nell’indagine psicologica della giovane protagonista e sul cinema come lotta politica un punto di indiscusso valore (sostenuta da una grandissima Elle Fanning); tuttavia Sally Potter non riesce a cogliere i tratti caratteristici della nostra più stretta contemporaneità in cui il cinema sta subendo un profondo cambiamento di ordine sia formale che concettuale proprio per la sua scelta incongruente. Nonostante ciò il film risulta meritevole di una visione e di una profonda riflessione.

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Claudio Suriani Filmmaker 

 

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