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martedì 4 marzo 2025

THE SUBSTANCE (2024) DI CORALIE FARGEAT. Un Freaks Show non convincente

  


 

 

Continua l’indagine sulla mutazione dei corpi.

Da Crimes of the Future (David Cronenberg, 2022) e il precedente Titane (Julia Ducournau, 2022) il body-horror è ormai sistemico in un cinema  che ambisce alla legittimazione critica attraversando in questo caso  il parallelismo nascita/disgregazione.

Grazie a Coralie Fargeat torniamo alle origini del progetto Cinepeep, nei meandri più oscuri della settima arte in cui il disgusto e la putrescenza vengono elevati a opera d’arte e strumento di lotta contro il politicamente corretto, cancro dell’audiovisivo contemporaneo … e forse non solo.

 

Ma The Substance ha una tale forza eversiva? 

 


 

 

Il film di Coralie Fargeat (francese come Julia Ducournau) è un connubio tra il dissacrante attacco al potere di Society;The Horror, Brian Yuzna, 1989 e l’indagine sul potere alienante dell’audiovisivo di  Videodrome, David Cronenberg, 1983,  con una sequenza ispirata, in modo fin troppo evidente, a Carrie; lo sguardo di Satana, Brian De Palma, 1976. Altri temi centrali sono la tematica del doppio ispirata a Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde o Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson oltre alla critica sul taglio patriarcale e la mercificazione del corpo femminile.

 

L'articolo continua al link: https://www.cinepeep.org/home/cinema-horror/the-substance-2024-di-coralie-fargeat

mercoledì 12 febbraio 2025

NOSFERATU (2024) DI ROBERT EGGERS Uno stucchevole esercizio di stile.


 Nosferatu è una delle più grandi delusioni di quest’anno, delusione che ha origine dalle grandi aspettative su Robert Eggers dopo opere come The Witch e The Lighthouse… di The Northman   abbiamo ampiamente parlato.

Il giovane regista newyorkese ha imbastito una messa in scena ridondante che stride fortemente con l’immaginario della figura del vampiro degli anni venti, metafora di tragedie contemporanee e tradisce il desiderio stesso di Eggers di reinventare il cinema del passato in chiave postmoderna specie per la caduta del discrimine tra cultura popolare e cultura alta… e qualcuno prima o poi si prenderà l’onere di spiegarlo.

 

Andiamo per ordine: Siegfried Kracauer in Da Caligari a Hitler. Una storia psicologica del cinema tedesco (Lindau, 2007) mette in luce come il cinema della repubblica di Weimar raccontava l’inconscio collettivo del popolo tedesco che prefigurava l’avvento del nazismo; Nosferatu di F. Murnau emerge come una delle grandi metafore delle paure di un’epoca che si avviava verso la catastrofe della guerra, immaginario che viene confermato da un’altra opera monumento del cinema tedesco come M, il mostro di Dusseldorf  (Fritz Lang 1931) in cui emerge il tema dei criminali al potere.

Tuttavia il rapporto tra la peste e la guerra (o i processi sommari) o tra vampirismo e dittatura non ha più ragione di essere nel momento in cui non solo la Germania ha elaborato il proprio passato (a differenza dell’Italia) ma a livello cinematografico il tema del vampirismo è stato destrutturato aprendolo a diverse interpretazioni: dalla commedia (Per favore, non mordermi sul collo, Roman Polanski, 1966) ad opere adolescenziali (l’intera saga di Twilight) … persino i cartoni animati.

L’opera di Eggers impatta nell’assenza di un sottotesto aperto alla contemporaneità: il suo limite nasce proprio dal voler riproporre uno schema narrativo incapace oggi di portare con sé un immaginario legato alla società dei primi del novecento al contrario di Solo gli amanti sopravvivono (Jim Jarmush 2013) in cui emerge lo spettro dei nostri giorni.

 

 Oggi ciò che fa più paura non è il mostro (specie quello classico) ma il viscerale senso di solitudine dell’uomo moderno… una quieta disperazione del tutto priva di enfasi … Adam ne è un esempio perfetto.

 

Se il cinema di Murnau era saturo di un fuori campo ricco di sogni e presentimenti (non solo nel Nosferatu ma anche in capolavori come Faust del 1926 o Aurora del 1927) in Eggers l’opera è tutta in campo eliminando ogni possibile atto critico/interpretativo dello spettatore e nel momento in cui tutto ci è posto su di un piatto d’argento la domanda è: questo grande sforzo produttivo cos’ha aggiunto all’immaginario sui vampiri, alla carriera di Eggers e al cinema in generale? Che il regista newyorkese possiede una grande tecnica cinematografica? Non solo già lo sapevamo ma Nosferatu è l’ennesima conferma che un’opera (soprattutto nel cinema horror) priva di sottotesti si infrange contro il muro del già visto e già sentito.

 

Eggers attraverso il Nosferatu ha voluto intraprendere una strada troppo più grande di sé: il voler uccidere i propri maestri sfociando in un formalismo estetizzate privo di interesse…è come se  raccontasse molto più dello stesso Eggers che del Conte Orlok specie se si riflette sul desiderio dello stesso di affrontare i classici dell’orrore: è forse  questa lotta iconoclasta che priva il vampiro di quell’eleganza che è propria del suo personaggio?

 

Da Murnau a Herzog, passando per Tod Browning fino a Jarmush la raffinatezza è sempre stata una componente essenziale del vampiro capace di creare contrasto interno tra i modi esteriori e l’orrore di cui esso è portatore. Tuttavia non si può negare che questo desiderio di emancipazione di Eggers dai suoi stessi padri lo ha portato a sbagliare l’iconografia del personaggio non solo perché ci appare come Frankestein, storico alter-ego del Conte Dracula, ma a livello formale realizza un’opera dal taglio classico che vi si richiama fallendo in pieno questa (possibile) emancipazione.

 

Avendo amato profondamente le prime due opere di Eggers (soprattutto The Lighthouse) mi auguro che il regista americano porti avanti questa sua lotta interiore ma che abbandoni questa sterile riproposizione dei classici dell’orrore per esprimerla in opere nuove che rappresentino in pieno il suo grande potenziale registico … e forse autoriale.


Claudio Suriani Filmmaker


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domenica 12 gennaio 2025

JOKER: FOLIE A DEUX ( 2024 ) di todd PHILLIPS - Lee smetti di cantare

Vengo subito al punto. Joker: Folie à Deux è un'opera priva di struttura narrativa coerente che soffre in modo evidente la forza quasi prevaricante di una pop star come Lady Gaga. E' un legal drama all'Anatomia di una caduta (Justine Triet, 2023)? E' un musical stile Annette ( Leos Carax 2021) o un ibrido tra i due generi cinematografici? La mia idea è che Todd Philipps abbia voluto esplorare un mondo cinematografico complesso come quello del musical realizzando un lavoro estremamente prolisso e quindi meno efficace del primo, quello del 2019 che già manifestava delle criticità.





E in più aggiungiamo la presenza di Lady Gaga (artista mainstream per eccellenza che mai avrebbe accettato un ruolo da comprimaria) e ci accorgiamo non solo di come il film si perda in stacchi musicali spesso superflui e decontestualizzati dalle vicende narrate ma come la scelta degli attori non sia mai ininfluente invadendo in campo l'intero immaginario legato a quell'artista (quando alla fine Arthur le dice Lee smetti di cantare suona quasi come una liberazione) con il sospetto che tali questioni possano essere derivare da un'imposizione dell'artista americana da parte della produzione facendo perdere a Todd Philips l'appellativo di autore.

Inoltre sia l'indagine psicologica sul personaggio di Arthur che lo sviluppo del legal drama risulta di una banalità sconcertante: nel primo caso emerge che i crimini di Arthur nascono dai suoi traumi infantili e in aula ciò che poteva rappresentare un momento di rottura decisivo (la scelta di Arthur di auto rappresentarsi) si sviluppa come la messa in scena di un clown che non riesce né a far ridere né a turbare lo spettatore (a fronte dei capolavori prodotti su questo tema come 


 ( Victor Sjostrom 1924) o opere trash come Killer Klowns from Outher Space (Stephen Chiodo, 1988) che tuttavia influenzò profondamente la cultura underground (come la band punk rock Killer klows di Torino).

Joker non ha la forza di imporsi come grande saga cinematografica (a differenza di AlienMad MaxIndiana JonesStar Wars ecc ...) e consiglierei a Todd Philips di concentrarsi su progetti in linea con la sua capacità di creare nuovi mondi e rinunciare a ripercorrere in modo sbiadito le strade aperte da altri.


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 Claudio Suriani Filmmaker

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