Mireille Suzanne Francette Porte, in arte Orlan, dal 1986 al 1993 si sottopose ad una serie di operazioni chirurgiche documentate e presentandole come performance artistiche. E' solo uno dei tanti esempi di quel filone dell'arte concettuale conosciuto come body art, che comprende anche il tatuaggio e il body piercing ampiamente e trasversalmente diffusi. Cronenberg ne trae spunto e lo inserisce all'interno del suo percorso tematico…ed è una deflagrazione del pensiero. In fondo le domande si ripetono uguali a se stesse nel suo cinema, ma declinate ogni volta in modo tale da perlustrarne segmenti inediti, facendo emergere in primissimo piano un aspetto, la possibilità magari di rimodulare la domanda.
Non amo parlare di generi e non non lo farò neppure questa volta.
Cosa ossessiona Cronenberg? Il corpo, certo...ma il corpo commisto a tecnica, scienza e politica, con continui riferimenti anche all'arte. Dobbiamo a Michel Foucault aver portato avanti studi importanti sulla Biopolitica, cioè semplicemente la politica contemporanea, in cui ciò che è in discussione e ben dissimulato, è il vivere, il lasciar morire, dare la morte, in altre parole, il controllo dei corpi. Come ci mostrò magistralmente Kubrick, l'ominazione inizia quando l'antropoide comprende che con quel femore con cui sta giocherellando può accrescere la potenza del suo braccio e impadronirsi della pozza d'acqua. Tecnogenesi ed antropogenesi coincidono. Quel femore viene lanciato in aria, gira, gira, ed è già un'astronave( 2001; odissea nello spazio, 1968), ma anche la bomba (Il dott. Stranamore, 1964).
Quando parliamo di arte (e Cronemberg ne parla anche a proposito del cinema...uno scivolone che gli perdoniamo volentieri) dobbiamo ricordarci che è un concetto moderno, nato nel rinascimento e che con tutta probabilità, con buona pace del mondo dell'arte ha esaurito il suo ruolo storico. Noi parliamo di arte, di tecnica, ma i greci avevano una sola parola per dire entrambe: thècne, ma ne avevano invece almeno due per dire la vita, Bìos, vita qualificata, intimamente politica, e Zoé, nuda vita, carne mortale, vendibile e sacrificabile. Ora...cos'é umano? Questa è la domanda del secondo Crimes of the future, quello del 2022. Come non pensare a due film straordinari, quelli che ci cambiano la vita. Usciti dalla sala, dopo aver visto Blade Runner (Ridley Scott, 1982) come si può essere ancora le stesse persone? Il famoso replicante di E' tempo di morire.., una volta catturato dall'agente che deve eliminarli tutti, un blade runner, appunto, a cui ha opposto forza e intelligenza, sceglie di morire. E' già un uomo. L'altro film è Non lasciarmi (Mark Romanek, 2010). Ragazzi (cloni..) cresciuti ed istruiti solo per poter espiantare loro gli organi una volta adulti. Al terzo espianto si muore...si è completato il ciclo.
Molte malattie scompaiono in virtù di tali pratiche...vogliamo chiamarlo progresso?
Ora, a Cronenberg interessa tutto questo. Come cambiano la qualità e le prestazioni della nostra sensibilità al progredire della tecnologia con la quale da sempre abbiamo a che fare e che negli ultimi anni ha innestato marce inedite imprimendo un' accellerazione dei suoi processi e delle sue commistioni che non si era mai vista prima? E la scienza? Dove può fermarsi? Su quale soglia? Abbiamo detto che Crimes of the future del 2022 è il secondo, perché il primo, esattamente con lo stesso titolo, è del 1970, sempre di Cronenberg. Fin'ora ci si è limitati a dire che non è un remake. Lo liquidiamo così? No, vediamo un po' se ci ha voluto dire qualcosa. Il Crimes of the future del '70 finisce con il primo piano di una bambina (impossibile non pensare a Mondrian nell'allestimento scenografico del film) illesa dopo aver portato alla bocca una misteriosa e densa schiuma bianca, che è risultata tossica per tutti gli altri, nella clinica House of Skin del dott.Tripod, nella quale si combatte per tentare, tra auto-asportazioni di organi e tessuti, cavie umane, aberranti pratiche sessuali, di arrestare un virus letale originato dallo smodato uso di cosmetici.
Il secondo Crimes si apre invece con un bambino, un bel bambino con le guance paffute che gioca nell'acqua vicino ad un un grande relitto. Sarà soffocato nel sonno dalla propria madre la sera stessa, colpevole di essersi mangiato un secchio per i rifiuti...si, proprio il secchio di plastica, e averlo digerito tranquillamente. I colori brillanti di Crash (1996), di Cosmopolis, (2012) tornano ad essere cupi...gotici. Lo spazio là fuori non è più quello della città generica, uguale in ogni continente, sembrano rovine generiche piuttosto, ma non sappiamo perché.
Questa la storia: due artisti, meglio performers, Viggo Mortensen (Saul Tenser) e Léa Seydoux (Caprice, ricordiamo la sua splendida interpretazione di Emma ne La vita di Adele, Abdellatif Kechiche, 2013) si esibiscono in coppia. Il primo produce nuovi organi (tumori?) che vengono tatuati nel suo corpo per poi essere espiantati nelle loro esibizioni dalla partner, chirurga performer, grazie a una macchina che serviva un tempo per fare le autopsie.
Se la nuova clandestinità consiste nel creare un registro nazionale degli organi (perché c'è una mutazione in corso di cui non si parla ufficialmente) il poliziotto di turno, Kristen Stewart (Timling) indaga su bande di ricercatori che lavorano affinché le prossime generazioni siano in grado di far fronte alla carenza di cibo e possano alimentarsi di ciò che abbonda anziché di ciò che scarseggia, guardate un po': la plastica! Il bambino che abbiamo incontrato in apertura del film si chiama Breken...rotto. Cos'ha di rotto? La biologia. La madre l'ha concepito e portato in grembo con questa mutazione trasmessa ai suoi geni dal padre che lavora da tempo alla produzione di cibo sintetico. La madre lo uccide perché per lei è una cosa...una cosa.
Ed ecco la domanda: che cos'é umano?
Il finale é strepitoso, di quelli che ci piacciono. L'infiltrato Saul si convince ad ingerire una tavoletta di cibo sintetico, tossico per i più, e non capiamo se si é convertito alla causa della banda o lo fa per portare avanti la produzione di tumori. Questi personaggi sono circondati da macchine senza le quali non sarebbe possibile esibirsi, dormire, mangiare. La macchina non è fuori, é il corpo stesso di Saul. Il dolore é bandito, é una civiltà anestetizzata, ma si può inseguire con le macchine: é il nuovo sesso. Quando Saul addenta, mastica, ingerisce una barretta sintetica é avvolto in una di queste che respira ad ogni suo respiro.
C'é a questo punto un avanzamento della macchina da presa, un primissimo piano, il colore defluisce dallo schermo. La macchina respirante si ferma, Saul sorride, una lacrima solca le sue guance. Nel Crimes del 1970 la bambina é illesa, ma dagli occhi del dottor. Tripod di fronte a lei, dopo aver ingerito la medesima sostanza, scendono lacrime viola. L'antropogenesi procede per salti. Uno l'abbiamo sotto i nostri occhi: sono i nativi digitali. Qual'é la sorte di Saul? Perché la macchina si é fermata? Sta morendo? Si é compiuta una mutazione del suo DNA? La ricchezza di senso nei conti che non si chiudono é la cifra di un film riuscito. Ad noi tutt* le risposte e la formulazione di nuove domande.
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Giusy Catapiani
nata a Viareggio il 19-03-1960
Filosofa, allieva di Pietro Montani
Regista
Collabora con Cinepeep come redattrice e corretrice di bozze
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