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venerdì 25 novembre 2022

CENSOR (2021) DI PRANO BAILEY-BOND - Censura come fuga dal dolore

Uno degli aspetti determinanti della cultura occidentale è il meccanismo di rimozione in senso freudiano che si manifesta attraverso logiche politiche ed un sapere di tipo dualistico che divide nettamente il bene dal male. La cultura underground lavora da sempre sulla necessità di superare tale dualismo e sul bisogno di elaborare le proprie pulsioni fondamentali come il sesso o la paura; in questo scenario la censura si qualifica come azione inibitoria dei propri istinti primordiali.  

Censor, storia di Enid, impiegata presso l’ufficio statale per la censura cinematografica, è un film che affronta tale tematica attraverso diversi livelli interpretativi. Il primo indaga gli effetti dell’azione censoria sulle dinamiche psichiche dell’individuo mentre il secondo riguarda la storia del cinema e la sua tendenza alla rimozione dalla propria storia  numerose categorie filmiche, dalle opere grindhouse agli archivi famigliari fino alla pornografia (genere cinematografico presente già nell’epoca del muto) considerate opere prive di interesse sia culturale che economico/produttivo. In questo percorso il personaggio di Enid è esemplare: ha una vita tormentata dal dolore della scomparsa della sorella e da genitori che la dichiarano ufficialmente morta creando una frattura insanabile con i fantasmi del suo passato.


I traumi della sua vita si ripercuotono nel suo lavoro; ogni sequenza a cui applica il final cut non la abbandona mai del tutto diventando terreno fertile per il riapparire degli spettri del passato rendendola una figura femminile sgradevole in cui è difficile immedesimarsi. La natura altamente drammatica del suo personaggio è alimentata dalla grande prova attoriale di Niamh Algar che lavora su un perfetto confine tra il controllo delle sue nevrosi e l’immagine sobria e rassicurante della burocrate (che incarna la rilevanza storica che questa figura ha assunto dalla fine della seconda guerra mondiale). Enid non riuscendo a trovare conforto nei valori morali del suo lavoro cerca in quelle sequenze rimosse la chiave per elaborare i suoi demoni interiori. Censor è ambientato nell’Inghilterra degli anni 70, un periodo storico caratterizzato da dure lotte sociopolitiche e dalla guerra civile nell’Irlanda del nord; allo scenario appena descritto si aggiunge la memoria del sangue di una guerra civile spesso dimenticata che culminò nel Bloddy Sunday (30 gennaio 1972).


 
Nonostante Censor sia un opera che parla di cinema, la sala è la grande assente poichè l’universo home video riguarda la dimensione privata dello spettatore; se la sala è un luogo comunitario, la nostra dimensione privata esprime in modo diretto il nostro essere più profondo. Censor inoltre porta con sé un profondo amore per l’immagine analogica; sotto questo aspetto non solo è figlio dell’epoca che narra ma pone al centro della sua riflessione il bisogno di una raffigurazione coerente con le tematiche trattate dando alle sue immagini un gusto retrò carico di fascino. I tragici sviluppi delle vicende narrate ci mostrano in modo decisivo quanto lo spettatore necessiti di un’educazione alla visione e di come la censura abbia fallito i propri scopi specialmente nell’epoca delle tecnologie digitali.

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 Claudio Suriani Filmmaker

 


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