La serie televisiva Les Revenants di Fabrice Gobert è andata in onda per la prima volta in Francia nel 2004 sull’emittente privata Canal+; è una serie tv che si distacca in molti punti dall’immaginario zombie (come ad esempio da The Walking Dead) in quanto pone al centro la morte non come termine della vita (portando come conseguenza il disfacimento del corpo) ma come intervallo tra due esistenze.
La storia è la seguente: dopo anni da un incidente stradale in cui morì un intera scolaresca (evento traumatico non solo per i singoli personaggi ma per un intera comunità) i defunti iniziano a tornare in modalità e tempi diversi con l’intenzione di riprendere le loro vite e i loro affetti più cari. Il primo aspetto che appare decisivo nel suo discostarsi dall’immaginario zombie è dato dal corpo; i ritornati non sono caratterizzati dalla decomposizione in quanto mantengono intatte le proprie sembianze. Non importa quanto tempo sia passato; il trascorrere del tempo non intacca la loro carne in quanto sono al di fuori della concezione cronologica del tempo. Il secondo trauma che segnò la comunità è dato dalla rottura dell’enorme diga avvenuta trent’anni fa che, una volta ricostruita, segnerà la vita degli abitanti non solo attraverso la continua minaccia di una nuova catastrofe ma anche attraverso continui black out elettrici. I capolavori del cinema zombie hanno sempre portato avanti forti tematiche di denuncia sociale; se in La notte dei morti viventi (George Romero, 1968) emergono diverse tematiche ed interpretazioni tutte riconducibili alla politica razziale americana, in Les Revenants la presenza minacciosa della diga è un monito ad avere giustizia per le quattrocentoventuno vittime del disastro francese del 1959 (in Italia ricordiamo il disastro del Vajont del 1963). Appare chiaro come l’aspetto centrale della serie sia la morte nella sua declinazione temporale; se nella cultura occidentale la morte rappresenta il punto finale dell’esistenza, il ritorno da essa diviene il rovesciamento della forza accusatoria della storia nei confronti dei vivi. La morte non è più un evento del singolo ma diventa il ritratto di un epoca caratterizzata da grandi disastri mai elaborati. Fin dal film di George Romero la rappresentazione del non morto supera una scontata estetica horror per affrontare tematiche caratterizzanti della contemporaneità come l’entrata della tecnica nella vita biologica; percorsi biotecnologici che portano a pensare all’immortalità come qualcosa di non più così lontano da noi acquisendo risvolti profondamente perturbanti.
I revenant, hanno una duplice caratterizzazione: il soddisfacimento di alcuni bisogni primari (come cibo e rapporti sessuali) e una forte spinta etica: portare a compimento ciò che lasciarono incompiuto in vita a differenza dei vivi che non riescono a staccarsi da sentimenti dolorosi come il senso di colpa e la rassegnazione per non poter più cambiare le proprie vite. La tematica del tempo si imbatte in una sovversione della naturale capacità degli esseri umani di incidere nel mondo; secondo Carlo Rovelli Non c’è passato, non c’è presente, non c’è futuro. Il tempo è solo un modo per misurare il cambiamento. Una delle sovversioni naturali attorno alla quale ruota Les Revenants è l’incapacità dei vivi di incidere sugli eventi per creare cambiamenti di rotta decisivi alla narrazione (es: Thomas attraverso il suo lavoro di gendarme prova invano a difendere la frontiera dell’ordine naturale delle cose mentre Pierre non riesce ad imporre la sua delirante visione religiosa degli accadimenti se non attraverso un apocalittica convivenza tra vivi e morti) ma anche sulla natura ambigua di alcuni di loro (Serge divora le sue vittime incarnando una delle caratteristiche classiche dello zombie mentre Lena e Julie avendo avuto gravissimi incidenti in passato – Julie aggredita da Serge e Lena cadde dalle scale per mano del padre – vivono per l’intera serie nell’ambiguità sull’essere vive o morte). Il tempo nella narrazione di Les revenants non arriva mai a chiarire il suo effetto sugli eventi narrati e sui protagonisti mettendo in luce che i meccanismi che lo animano sono di carattere riflessivo: una sorta di trattato sulla perdita. Il mancato chiarimento dei meccanismi del tempo è animato anche dalla scelta di un piccolo centro montano in quanto l’immagine della città è da sempre caratterizzata da un forte movimento interno anche fin i più semplici come l’apertura e la chiusura dei negozi; il movimento interno della città è riconducibile a cambiamenti epocali poiché è proprio attraverso i dettagli che possiamo scoprire la caratteristiche di un processo di transizione. Il piccolo centro di montagna sembra invece andare in direzione contraria grazie a diversi fattori: il primo è il suo essere circondato non solo da grandi montagne ma anche da un manufatto dell’uomo (come una diga) in un’unione tra tecnica e ambiente che porta alla caratterizzazione sia del tempo della rappresentazione sia alla presenza di alcuni locali stereotipati come Lake Pub e American Diner aumentano la sensazione di un ambiente chiuso in se stesso in quanto o estranei al tema narrativo centrale (American Diner) o luoghi in cui gli eventi dei protagonisti non arrivano mai a una radicale inversione di rotta (Lake Pub). Il punto focale dell’intera struttura narrativa è il superamento di tematiche paranormali di ordine generico per essere ricondotta a tematiche nell’ambito del possibile come il dramma familiare (e comunitario) e l’elaborazione del lutto. Una delle peculiarità della serie di Fabrice Gobert è la capacità di superare l’antinomia sia del codice della realtà sia del codice dell’incongruo creando una struttura narrativa strettamente personale staccandosi anche da I segreti di Twin Peaks a cui spesso è stata accostata.
Les Revenants nasce dal tema centrale di La Metamorfosi di Franz Kafka: nonostante siamo sicuri dell’avvenuta trasformazione di Gregor, ciò che ci cattura non è l’orrore della visione ma i drammi familiari dei protagonisti; drammi caratterizzati dal riemergere di un lutto mai del tutto elaborato. La caratteristica del tempo individuata in precedenza (il tempo legato da una natura strettamente biologica) si arricchisce di una nuova sfumatura; gli eventi sono mossi dalla ricerca di un peculiare percorso narrativo; se inoltre consideriamo l’idea di Slavoj Zizek del non-morto come fantasia fondamentale della cultura di massa contemporanea il tempo si arricchisce di un ulteriore peculiarità: la creazione dell’avatar come creatura simbolo della contemporaneità digitale. Quest’ultimo elemento, nonostante tenda a distaccarsi dalla tipologia classica delle creature di confine (vampiri, zombie, fantasmi) possiede, tuttavia, alcuni elementi della sua narrazione profondamente classica; l’elemento che analizzeremo è il ritorno alla propria terra. Un ulteriore elemento di analisi in Les Revenants è la casa: strumento di protezione nei confronti in primo luogo della Gendarmeria e in seguito dai revenant stessi. Entrambe le stagioni sono animate da una forza che tende a dividere le due comunità creando una tensione basata sulla resistenza al cambiamento strutturale del canone del genere zombie ed in seguito la stessa struttura temporale del testo. Nella seconda serie la struttura narrativa di Les Revenants acquista ulteriori elementi proprio legati al significato della casa: attraverso il personaggio di Serge indagheremo una tematica che ci aiuterà a chiudere il cerchio della nostra riflessione: il legame tra vittima e carnefice. Abbiamo visto come tra i protagonisti ce ne siano alcuni dalla natura non definita (Lena, Joulie e Adele); a loro si aggiunge il personaggio di Serge che fin dall’episodio pilota acquista caratteristiche classiche del non/morto.
Nell’episodio Mme Costa accade un evento che segna un profondo cambio di rotta nella figura stessa del revenant e del loro ritorno nell’universo dei vivi: in casa di Serge e Toni arrivano le vittime di Serge e resteranno come una presenza silenziosa ma profondamente inquietante. Avendo appurato come il revenant torna nel mondo dei vivi per concludere il proprio scopo della vita terrena e di come la natura stessa del personaggio influenza gli eventi del proprio luogo di riferimento, la casa di Tony e Serge assume una natura perturbante in quanto luogo di confine tra due mondi rappresentati arrivando a sovrapporsi; il loro silenzio determina non solo che i morti sono ormai tra i vivi e non se ne andranno per mano loro ma soprattutto la venuta meno del linguaggio come creatore di spazi e di storie. Nel momento in cui la casa diviene uno spazio abitato esclusivamente dai revenant il tempo prevarica la struttura narrativa creando un corto circuito ormai irreversibile; queste donne sembrano non avere altro scopo che spingere Serge ad una elaborazione delle proprie azioni in vita; elaborazione che tuttavia non arriverà mai ad una svolta decisiva creando una dimensione temporale tipica degli spazi di confine in cui non esiste più ne un passato da elaborare (queste donne non rivendicano nulla) ne un futuro nella sua natura di autodeterminazione (queste donne a differenza degli altri revenant non solo non parlano ma non hanno nessuno scopo apparente) vivendo in un continuo istante presente e riaffermando il limbo dantesco come topos narrativo degli spazi di confine.
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Claudio Suriani Filmmaker
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