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venerdì 13 gennaio 2023

ADIEU AU LANGAGE (2014) DI JEAN-LUC GODARD – La nuova dimensione del linguaggio cinematografico


Adieu au langage
rappresenta l'atto finale di una riflessione sul rapporto tra le immagini e linguaggio e al tempo stesso sul perché il cinema non trovi più nell'essere umano il suo fulcro narrativo in quanto l'atto di filmare è divenuto un'esperienza quotidiana. Ma vi è anche una riflessione sul rapporto tra storia, immagini e lettura critica a cui lo spettatore è chiamato. 
L'obbiettivo di Godard è la decostruzione della semiotica cinematografica classica per costruire un nuovo tipo di approccio al cinema capace di fornire strumenti analitici capaci di far emergere i mille piani teorizzati da Gilles Deleuze che in Adieu Au Langage si manifestano attraverso uno schema interattivo in cui ogni frammento memoriale messo in scena da schermi e dispositivi digitali si lega a un presente dichiaratamente sfuggevole.

La macchina da presa in Godard non solo cerca di far emergere le falde del passato andate perdute ma di renderle archivio di se stesse: nell'istante in cui l'occhio meccanico crea un'immagine si apre un dialogo con le epoche successive superando la concezione cronologica del tempo. Oggi questo dialogo non può che essere tra il cinema del passato e l'immagine digitale intesa come schermo e manipolazione delle immagini in quanto tutti ormai sanno caricare video sulle varie piattaforme disponibili e creare sia piccoli montaggi che infinite copie. Il concetto classico di verità deve prestare il fianco dunque a coordinate radicalmente nuove. Lo spettatore è chiamato a decidere come interpretare le immagini attraverso la propria competenza critica (specialmente per l’immagine 3D) restituendo all’occhio umano la capacità di sintetizzare, tagliare e montare. Nonostante questa sia una riflessione iniziata con le Histoire(s) Dù Cinema e proseguita con Film Socialisme, qui Godard mira a un'opera testamento indicando come la capacità di manipolare le immagini e la sovraesposizione degli schermi digitali (si pensi a Times Square) sia il tratto distintivo della nostra epoca e la necessità di inglobare nella riflessione sul cinema ogni tipologia di immagine filmata (riflessione anticipata da Ridley Scott in Blade Runner nel 1982).

 

Adieu Au Langage si articola attraverso un disordine organizzato di suoni e musiche costantemente fuori sincrono che si scontrano con lo sguardo di un cane, sguardo innocente capace di rappresentare il rovesciamento del punto di vista umano sul cumulo di macerie che la storia ci consegna in eredità e che la storia del cinema é incapace di inglobare nella sua narrazione della contemporaneità che comporta l'uso dei dispositivi multimediali, dello streaming e del filesharing che hanno trasformato in maniera irreversibile il concetto stesso di film/oggetto, la sua mercificazione e il proliferare di infinite copie sulle piattaforme digitali. In Adieu Au Langage il concetto di soglia che caratterizza A Ghost Story si forma tra il concetto di verità come lavoro riflessivo sulla storia e sullo sviluppo della tecnica cinematografica (che ad oggi si compie nel 3D) e quello di falso inteso come radicale trasformazione di una narrazione sul cinema a cui oggi non crede più nessuno.

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Claudio Suriani Filmmaker

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