
Lamb,
film del regista islandese Valdimar Jóhannsson (prodotto da Bela
Tarr) narra la storia di María e Ingvar e del loro allevamento di
pecore dal quale nascerà Ada, una creatura umanoide con la testa di
agnello cresciuta dai due protagonisti come una figlia. Lamb
è un’opera carica di numerose chiavi interpretative, la prima è uno sguardo
antropologico sulla terra d’Islanda e le sue zone rurali caratterizzate da vita agricola e da un
profondo senso di isolamento. Nonostante sia una considerazione di
ordine generale possiamo cogliere fin da subito l'influenza di Bela
Tarr (specialmente di opere come Satantango del 1994 e Il
cavallo di Torino del 2011) e la sequenza d'apertura non solo è
un chiaro rimando al suo ultimo film ma ne arricchisce la natura
antropologica. Lamb è del tutto privo di movimento interno e
il focus si concentra sulla vita contadina e sull'insieme di
tradizioni in cui anche i gesti più semplici si caricano di una
ritualità quasi sacrale.
La storia del cinema ha spesso mostrato
come l'isolamento sia spesso causa di follia (si pensi ad opere come
L'ora del lupo di Ingmar Bergman (1968), Antichrist di
Lars VonTrier (2009), Hagazussa; la strega di Lukas Felgeifed,
(2017) e La pianista e Funny Game (Michael Haneke, 2001
e 1997) solo per citarne alcuni, topos narrativo che porta i
protagonisti a incancrenire le proprie tendenze depressive in
dinamiche patologiche spesso violente.
Queste
dinamiche in Lamb si accompagnano al profondo senso di
solitudine di un paese di appena 366.000 abitanti la cui metà vive
nella sola Reykjavík
e il rapporto con la luce è capace di influenzare profondamente
i propri cineasti: il cinema scandinavo è spesso caratterizzato dal
buio o dalla luce perenne e dalla relativa mancanza di
un'elaborazione del tempo.
Tuttavia
l’entrata in scena di Ada diventa un punto di rottura nel percorso
teorico fin qui descritto; attraverso il suo
personaggio Lamb si carica da un lato di una forte natura
mitologica che rimanda al mito del Minotauro mentre
dall’altro chiama in causa l’elaborazione del lutto dei
protagonisti, lutto che tuttavia non ci è dato conoscere ma che
trova nel rapporto con il mondo animale la propria coazione a ripetere (rivolgendoci al
cinema indipendente possiamo trovare le tematiche descritte nel film
Vase de Noces – Thierry Zeno, 1974). Nonostante Jóhannsson
rielabora la dimensione del mito in modo personale Lamb
conserva il classico inganno a un Dio vendicativo.
María e
Ingvar non riescono a vedere in Ada ciò che è in realtà: il
simbolo di una vita segnata da traumi irrisolti capaci di confinarli
in una terra priva di mondo in cui tutto inizia e finisce
nella loro fattoria. Lamb inoltre rientra a pieno titolo nel
sottogenere cinematografico definito folk-horror trovando in
opere come The Wicker Man (Robin Hardy, 1973) e nel recente
Midsommar (Ari Aster, 2019) alcune delle opere più
significative; sono film accomunati dalla rappresentazione di culture
primordiali che, nonostante il diffondersi del cristianesimo da una
parte e dello sviluppo economico/capitalistico dall’altro, riescono
a sopravvivere nelle tradizioni popolari delle culture rurali. Lamb
trova nel rapporto con le antiche credenze popolari alimentate da
contrapposizioni come antico/moderno e laico/religioso
una forza narrativa capace di richiamare i più antichi miti che
hanno caratterizzato il nostro immaginario fino ad oggi riuscendo
anche da un punto di vista visivo a valorizzare il senso di
infinito che l'Islanda porta con sé.
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Claudio Suriani Filmmaker
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