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giovedì 9 febbraio 2023

YOU ARE NOT MY MOTHER (2021) DI KATE DOLAN - RACCONTI DI DONNE SULLA SOGLIA

Negli ultimi anni la casa di produzione Irish Film Board sta portando avanti una scena di registi  capaci di raccontare retroscena della cultura irlandese attraverso linguaggi diversi: pellicole che vanno dall’animazione de La canzone del mare (Tomm Moore, 2014), film  a carattere storico come Bloddy Sunday (Paul Greengrass, 2002) e tanti film dell’orrore tra cui questo  You Are not my mother che vede l’esordio alla regia di Kate Dolan.

 

You Are not my mother è il primo lungometraggio della regista irlandese e narra la storia di Char e della sua famiglia focalizzandosi sulla figura della madre e sul suo passaggio dalla depressione alla manifestazione di una natura demoniaca risalente alla tradizione culturale irlandese.

Fin dagli esordi con Cinepeep ho rivolto la mia attenzione al cinema inedito in Italia non solo per una mera azione divulgativa ma anche per affermare ciò che, nel tempo, è diventato un manifesto e una dichiarazione d’intenti:  l’istituzione cinematografica (intesa come sistema economico produttivo) ha un effetto rilevante sull’immaginario dello spettatore in quanto ogni elemento messo in scena è in rapporto diretto sia con la sfera emotiva che con la sua capacità riflessiva… il vero luogo in cui il film lavora. La nascita di movimenti cinematografici sostenuti da produzioni economicamente non rilevanti (non esiste solo Hollywood o Netflix) è sempre stata una delle vie maestre per narrare la vita nei piccoli centri urbani, come  l’esempio italiano del documentario La regina di Casetta (Francesco Fei, 2018 che affronteremo prossimanente su Cinepeep). Torniamo a You Are not my mother: un giorno la madre di Char, vittima di una grave forma depressiva, sparisce per tornare la sera dopo come se nulla fosse successo.

L’elemento da cui partire è la rappresentazione della periferia.

 

Abbiamo già incontrato diverse opere in cui la lontananza dai grandi centri urbani influisce sulla scrittura e sul ritmo della messa in scena come Antlers, Spirito insaziabile (Scott Cooper, 2021),  Gummo (Harmony Korine , 1997) e Lamb (Valdimar Jóhannsson, 2021).

La periferia di Dublino è rappresentata da una fotografia dai colori cupi sulla quale influisce in modo decisivo la luce che, per il cinema nordico, rappresenta da sempre un ibrido tra cinema e vita. L’alternanza radicale tra luce e buio cela una  totale assenza di comunità  e di emancipazione, profilando una dimensione privata delle protagoniste  in cui l’oscurità regna sovrana e detta le regole estetiche delle vicende che andranno delineandosi. Non mi spingerò oltre per ovvi motivi con la sinossi. Nonostante le tematiche non  siano certo innovative, Kate Dolan riesce a costruire una tensione crescente in cui la sfera privata delle protagoniste si carica di una forza espressiva talmente forte che non possiamo fare a meno di notare l’influenza di importanti scuole: La casa e Non aprite quella porta – Sam Raimi e Tobe Hooper); il cinema orientale contemporaneo come Ju-on: Rancore (Takashi Shimizu, 2002) Visitor Q (Takashi Miike, 2001) mentre per il cinema europeo  tale tematica è stata sviluppata prevalentemente  in chiave sociopolitica come Family Life (Ken Loach, 1971) I pugni in tasca (Marco Bellocchio, 1965) e il più recente Lazzaro felice (Alice Rohrwacher, 2018). 

 



Un ulteriore elemento di interesse è dato dal fatto che nelle opere contemporanee dalla forte natura perturbante è ricorrente il tema della solitudine: la natura perturbante di You Are Not My Mother nasce dalla tensione nata dalla repressione dei racconti mitologici irlandesi sotto il peso di un cemento anonimo e alienante. You Are Not My Mother vive di una contradizione interna di ordine narrativo che, invece di rendere la pellicola carente, ne accresce la forza espressiva superando il concetto stesso di cinema di genere. Nonostante fin dalla locandina l’opera ci venga presentata come un film horror (quasi a fidelizzare il pubblico di riferimento) i meccanismi interni che la animano non sfociano mai nel puro orrore (come nel cinema di Wes Craven o del nostro Lucio Fulci): il restare sulla soglia tra terrore e orrore permette allo spettatore di vivere una tensione ancora più forte in quanto l’orrore cinematografico è un’immagine storicizzata e del tutto elaborata. You Are Not My Mother lascia ben sperare che Kate Dolan potrà offrirci successive opere di valore.

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Claudio Suriani Filmmaker

     

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